La dimensione narrativa del film è una danza sonora e visiva del racconto alternato tra il sopra e il sotto dello spazio marino prossimo alla città di Napoli.
Le voci narranti principali sono quelle di due personaggi che hanno una caratteristica multipla:
- Il narratore del porto (il portuale)
Protagonista sonoro risultato di un montaggio di interviste realizzate con lavoratori portuali, frequentatori e avventurieri dello spazio portuale,
- Il narratore del fondale (l’uomo dei fondali/ in apnea)
Protagonista sonoro risultato di interviste con pescatori d’apnea, archeologi marini, studiosi della stazione zoologica Anton Dohrn di Napoli, appassionati dell’immersione.
I narratori sono sintesi del racconto multiplo della Gente di Mare dalla diversa provenienza, attitudine e formazione. Raccontano la terra emersa e quella sommersa: dalle volumetrie geometriche dei container, simbolo della modernizzazione senza volto, del ridimensionamento dell’elemento umano a favore di quello macchinico, alla prospettiva del fondale che capovolge lo sguardo e racconta della città subacquea, la città invisibile al di fuor di metafora.
L’apparato visivo mette in sequenza immagini storiche che documentano fasi diverse del porto e della linea costiera, usi antropici del mare con immagini originali che integrano particolari dello spazio portuale, dimensioni marine della città (dettagli e scorci di circoli nautici, lidi, spiagge, attività di pesca e balneazione, riprese subacquee di alcuni fondali della città) girate nei momenti di alba, tramonto e notturni.
Un film sonoro e visivo
Le fonti di un archivio sono lasciti, testi, parole o immagini, dalla natura discrezionale o burocratica. Per costruire un racconto della città e del suo mare l’impianto narrativo dei due protagonisti sonori è affiancato da:
- Testo fuoricampo dell’autore/regista che colloca la narrazione in uno spazio poetico, non diacronico che unisca i racconti soffermandosi su particolari aspetti della storia della città e considerazioni sul rapporto tra essa e il mare,.
- Linea sonora di suoni e rumori del porto, della città e dei fondali che sottolinea e accompagna i passaggi della danza narrativa.
- Linea visiva costruita da filmati Luce che trattano Napoli e il mare circostante sotto diversi aspetti (Fondo Quilici e Archivio Luce) e da immagini di girato originale.
- Colonna sonora originale realizzata dall’ensamble: Nino Bruno e le Otto Tracce
Il film è composto da due blocchi narrativi principali: il porto e la costa metropolitana che diventano un’unica continuità narrativa tra mondo emerso e mondo sommerso. Il racconto è articolato in quattro movimenti di emersione e immersione che coinvolgono la linea costiera e il fondale corrispondente, a partire dal porto commerciale fino alla città archeologica sommersa dell’area flegrea.
La dimensione del racconto mantiene una separazione marcata tra elementi visivi e quelli sonori. I racconti non sono didascalie di ciò che si vede, e ciò che si vede non è un ampliamento di ciò che si ascolta. È l’insieme tra i diversi registri che traccia la linea narrativa, crea una suggestione non didascalica del racconto della città. Non vuole essere il confronto tra ciò che Napoli era e oggi è, ma il racconto di un percorso, di un’evoluzione e del rapporto simbiotico tra la metropoli e il suo specchio marino.
Le possibilità di sviluppo della città futura sono ancorate al mare: le regate che verranno, l’ampliamento della darsena di levante, la crescita dell’industria turistica e culturale non potranno che partire dal mare, quello spazio da cui tutto è nato e da cui tutto continuerà a nascere. La riflessione sul rapporto tra mare e città quindi, vuole essere una sorta di narrazione futuribile costruita principalmente sui materiali dell’archivio Luce che offrono una ricca e variegata offerta di filmati in cui il mare è sempre sullo sfondo di dinamiche storiche di trasformazione.
Nel film il mare diventa l’ambiente narrativo della città, la sua essenza, la sua ragion d’essere. Ma sullo sfondo ci sono gli uomini che vivono, attraversano e fanno la città, o quantomeno scampoli di microstorie che diventano delle prospettive inusuali per raccontare la complessità di una metropoli in continuo divenire, adagiata sulle proprie autorappresentazioni e corazze caratteriali difficili da scardinare.
Dal mare si osserva una città involontaria, sensibile, feconda, libera da stereotipi e proiettata verso prospettive catartiche che ne garantiscono la sopravvivenza e lo sviluppo.